Skip to content

Narcos, rapimenti di donne ed esecuzioni: il Papa nell’inferno di Juárez

Oggi Papa Francesco arriverà a Ciudad Juárez, ultima tappa del suo viaggio in Messico. Una città unita al Texas da un celebre ponte e separata da un lungo muro, costruito per impedire il passaggio dei migranti messicani e centroamericani. Lì il Pontefice visiterà una carcere, incontrerà industriali e officerà una messa con i migranti.

A causa della sua posizione, Ciudad Juárez è un terreno adatto ad ogni tipo di traffico: persone, armi, droga. Nella periferia della città sono sorte centinaia di maquiladoras, fabbriche in cui gli operai lavorano per 30 euro la settimana. Un luogo perfetto per il reclutamento di manodopera a basso da parte dei cartelli criminali.

Durante il suo percorso nella città desertica, il Pontefice troverà croci nere disegnate su pali della luce dipinti di rosa. Sono il simbolo delle “muertas de Juárez”, le più di 700 giovani e adolescenti che a partire dagli anni ’90 sono state trovate assassinate, apparentemente senza motivo.

“Con questa attività vogliamo mostrare al Papa che Juárez non è la città in cui, come sostiene il governo, non succede più nulla”, afferma Norma Laguna Cabral, madre di una giovane scomparsa nel 2010. La donna, intervistata dal quotidiano La Jornada, lamenta che non sia stato autorizzato l’incontro richiesto con il Papa dalle famiglie delle vittime di femminicidio. In Messico il Pontefice non si è riunito con nessuna organizzazione di vittime di Stato, né ha fatto menzione esplicita a casi noti come quello di Ayotzinapa. Secondo il sacerdote Alejandro Solalinde, conosciuto per il suo impegno a favore dei diritti umani, la scelta è stata determinata dalla pressione sul Vaticano del governo che, in un momento in cui i riflettori sono puntati sul Messico, sta cercando di mostrare un paese senza macchia.

Nel 2015 il tasso di omicidi a Ciudad Juárez è stato dieci volte inferiore rispetto al 2010, quando era la città più pericolosa del mondo. Le autorità si sono attribuite il successo, ma c’è chi afferma che la nuova situazione è dovuta a un accordo tra i gruppi delinquenziali.

Ad ogni modo, Ciudad Juárez non è certo una città sicura: nel gennaio 2016 sono state assassinate 32 persone. Secondo il Congresso degli Stati Uniti, la città è una “piazza” in disputa tra il Cartello di Sinaloa e quello di Juárez. “Malgrado nei 30 mesi scorsi è stata registrata una tendenza alla diminuzione negli indici di violenza, persistono fattori di rischio che rianimeranno la violenza”, scrive in un documento il legislativo statunitense.

Articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano il 17.02.2016.

Torna su