Skip to content

EZLN, tra rimedi tradizionali e medicina allopatica

María e Ruth2 s’inginocchiano davanti al tavolino e con un coltello sminuzzano radici, foglie e fiori. “Questa è molto buona per i dolori mestruali, devi bere l’infusione tre volte al giorno”, dice Ruth mostrando le foglie di una pianta violetta. Spiega che la bougainville e il rosmarino sono ottimi per la tosse, e una radice che sembra liquerizia aiuta in caso di dolore allo stomaco.
Nella Casa de Salud Comunitaria in cui le due ragazze lavorano – un piccolo edificio semplice e pulito circondato da un bosco di pini – ci sono anche garze, acqua ossigenata, stetoscopi, alcuni medicinali e strumenti per il primo soccorso.
Nel mondo zapatista le politiche legate alla salute vengono discusse da tutta la comunità, che prende le decisioni per consenso. María e Ruth sono state nominate per formarsi come yierberas, hanno imparato i segreti della fitoterapia e curano con le erbe medicinali; sono promotoras de salud che lavorano affianco alle ostetriche capaci di accompagnare un parto secondo la tradizione indigena (parteras) e alle massaggiatrici (hueseras). Sono ruoli che già nel XVI e XVII secolo venivano ricoperti in prevalenza da donne, curanderas3 che in alcuni casi erano anche sacerdotesse4.
Soprattutto negli ultimi anni e grazie anche alla solidarietà internazionale, le giunte di buon governo zapatiste stanno dando un particolare impulso alla loro formazione, con l’idea di recuperare le pratiche curative indigene per affiancarle alla medicina allopatica (o occidentale). La medicina tradizionale si stava infatti perdendo, a causa soprattutto dell’azione del programma di salute dell’Instituto Nacional Indigenista5 (INI), istituzione governativa che portava avanti politiche finalizzate ad assimilare i popoli nativi alla cultura meticcia e occidentale.
Carmen ricorda il sentimento di vergogna condiviso dalla popolazione indigena sfollata che, a seguito dell’offensiva dell’esercito messicano del febbraio 1995, fu costretta a rifugiarsi nella montagna: “C’erano tanti bambini ammalati e sapevamo che lì nella montagna c’erano un sacco di rimedi. Ma non sapevamo sceglierli e avevamo paura di provare6”.

Clinica autonoma nel Municipio Olga Isabel, zona di Morelia (Foto: O.B.)

Il ruolo dei “medici zapatisti”

Carmen è oggi tra i 200 “medici zapatisti” che lavorano nella zona del Caracol di Morelia ed è stata sostenitrice della costruzione della clinica autonoma El Salvador Corazón de Jesús, nel Municipio 17 de Noviembre, dotata di cinque edifici che ospitano un consultorio, una farmacia, un laboratorio per le analisi, una sala ginecologica e una dentistica. Nella clinica, che esisteva già prima dell’insurrezione del 1994, lavorano quattro promotori di salute che si danno il cambio ogni quattro giorni7.
Anche la clinica Guadalupana del Caracol di Oventic fu costruita prima del levantamiento8armato, a partire dal 1991, quando la comunità era completamente isolata e non era possibile portare i pazienti fino all’ospedale di San Cristóbal de Las Casas, che si trova a circa un’ora e mezza di distanza. Oggi la clinica Guadalupana coordina le undici microcliniche presenti nella zona di Oventic9 ed ospita un consultorio dentale, ginecologico e oftalmologico, un laboratorio erboristico e una decina di letti per ricoverare i pazienti10. Le cure mediche sono gratuite, ma le medicine hanno un costo.
Nei casi più gravi o quando è necessaria la consulenza di uno specialista, gli zapatisti si rivolgono agli ospedali di istituzioni religiose11 o a quelli pubblici. Anche nelle campagne di vaccinazione, che hanno raggiunto una copertura importante in territorio zapatista, il sistema di salute autonomo s’incontra con quello statale. Le campagne vengono portate avanti dai promotores de salud ma, almeno fino a poco tempo fa, il vaccino era distribuito dal sistema di salute pubblico grazie alla mediazione di organizzazioni non governative12. Oggi il personale medico denuncia che il governo non distribuisce vaccini e medicinali adeguati nelle zone indigene, violando il diritto alla salute13.
Secondo stime ufficiali, all’inizio degli anni ’90 in Chiapas morivano 14.500 persone l’anno per malattie curabili come problemi respiratori, tifo o salmonella14. I dati mostrano come da allora la situazione nella regione sia migliorata – ad esempio, tra il 1990 e il 2011 la mortalità associata a complicazioni durante la gravidanza o il parto è scesa più del 50%15 -, ma continuano a mostrare una situazione drammatica.
Il sistema di salute zapatista ha portato cure nelle zone più remote del Chiapas, quelle che non vengono neanche prese in considerazione dalle stime ufficiali, e in due cliniche autonome che si trovano nel cuore della selva Lacandona durante più di sette anni non si è registrata nessuna morte materna16. Spiega José della commissione di salute del Caracol di Morelia: “La situazione della salute dei nostri popoli è cambiata, e non grazie al governo, ma a noi. Ora sono quasi inesistenti le diarree che prima uccidevano i bambini, e se ci sono le isoliamo e le trattiamo. I nostri bambini non muoiono più di diarrea. Ad ogni modo, nella pratica la salute è difficile17”.

Anziana zapatista (Foto: O.B.)

Malasanità, soprattutto con gli indigeni

Con una punta di ironia, José dice che dove vede una clinica zapatista il governo costruisce un ospedale pubblico per farle concorrenza. Le istituzioni messicane hanno in parte recepito le richieste dell’EZLN, ad esempio costruendo infrastrutture in zone in cui erano inesistenti. La decisione è parte della “strategia di controinsurgenza” che porta il governo a fare piccole concessioni per creare consenso e allontanare le comunità indigene della resistenza, senza dover ricorrere all’utilizzo della forza militare o paramilitare.
“Il governo ha iniziato a fare investimenti infrastrutturali a partire dell’insurrezione zapatista del 1994, ora tutti i centri abitati più importanti hanno un centro di salute. Ad ogni modo, continuano ad esserci problemi per la mancanza di personale qualificato, spesso gli infermieri assumono le funzioni dei dottori18”, spiega Nancy Zárate Castillo, professoressa di psicologia delle differenze di genere della Universidad Autónoma de Chiapas (UNACH) ed ex coordinatrice statale della Red por los Derechos Sexuales y Reproductivos (DDSER).
Gli episodi di malasanità in Messico sono frequenti, in particolare ai danni della popolazione indigena, che spesso viene trattata con razzismo dal personale medico. Come il caso di Irma López Aurelio, a cui è stato negato l’accesso a un ospedale nello stato di Oaxaca e ha dovuto partorire in giardino. O quello di Romeo Hernández, a cui i medici dell’Hospital de la Mujer di San Cristóbal de las Casas hanno consegnato il corpo senza vita della moglie Susana, e un neonato sporco. Non gli hanno detto di averla lasciata nuda in una barella nel corridoio dell’ospedale, alla vista di tutti, non lo hanno informato di averle asportato la vescica senza il suo consenso né del fatto che, una volta morta, le hanno preso l’impronta digitale per simulare un’autorizzazione19.

Note

  1. Dichiarazione di Moisés Gandhi, febbraio 1997.
  2. Nomi fittizi, per motivi di sicurezza.
  3. Nome che viene dato alle curatrici tradizionali o sciamane.
  4. Sylvia Marcos, Mujeres, indígenas, rebeldes, zapatistas, Ediciones Eón, México, 2011, pag. 127.
  5. Creato nel 1948, dal 2003 venne sostituito dalla Comisión Nacional para el Desarrollo de los Pueblos Indígenas.
  6. Melissa M. Forbis, Autonomía y un puñado de hierbas. La disputa por las identidades de género y étnicas por medio del sanar. In Bruno Baronnet, Mariana Mora Bayo, Richard Stahler-Sholk (a cura di), Luchas “muy otras”. Zapatismo y autonomía en las comunidades indígenas de Chiapas, UAM, México, 2011, pag. 386.
  7. Hermann Bellinghausen, Comunidades zapatistas alcanzan la autosuficiencia en servicios de salud, quotidiano La Jornada, 28 febbraio 2009. Consultabile all’indirizzo: http://www.jornada.unam.mx/2009/02/28/politica/014n1pol.
  8. Insurrezione.
  9. Quaderni di testo della prima Escuelita Zapatista, Gobierno autónomo II, pag. 20. I quaderni si possono scaricare all’indirizzo http://anarquiacoronada.blogspot.it/2013/09/primera-escuelazapatista-descarga-sus.html.
  10. J.H. Cuevas, Salud y Autonomía: el caso Chiapas. A case study commissioned by the Health Systems Knowledge Network, marzo 2007.
  11. Ad esempio l’ospedale San Carlos di Altamirano, nei pressi del Caracol di Morelia, che da circa 45 anni si occupa della salute della popolazione della zona. Si finanzia con donazioni e l’89% dei suoi pazienti sono indigeni.
  12. J.H. Cuevas, Salud y Autonomía: el caso Chiapas. A case study commissioned by the Health Systems Knowledge Network, marzo 2007.
  13. Assemblea della Medicina della Liberazione, in CIDECI-Universidad de la Tierra di San Cristóbal de Las Casas, 1-3 agosto 2014.
  14. Subcomandante Marcos, Chiapas: El Sureste en dos vientos, una tormenta y una profecia. In EZLN, documentos y comunicados, tomo 1, ERA, Messico, 1994, pag.60.
  15. Instituto Nacional de Estadística y Geografía (INEGI), Estadísticas a propósito del día mundial de la población (Chiapas), 8 luglio 2014. Consultabile in: http://www.inegi.org.mx/inegi/contenidos/espanol/prensa/contenidos/estadisticas/2014/poblacion7.pdf.
  16. Salud y Desarrollo Comunitario A.C., Informes de Médicos Pasantes en Servicio Social, 1995-2001.
  17. Hermann Bellinghausen, Comunidades zapatistas alcanzan la autosuficiencia en servicios de salud, quotidiano La Jornada, 28 febbraio 2009. Consultabile all’indirizzo: http://www.jornada.unam.mx/2009/02/28/politica/014n1pol.
  18. Intervista di Orsetta Bellani a Nancy Zárate Castillo, San Cristóbal de Las Casas, maggio 2014.
  19. Ángeles Mariscal, Hospitales de Chiapas, deficiente capacidad para atender a mujeres, quotidiano elettronico Chiapas Paralelo, 18 settembre 2014. In http://www.chiapasparalelo.com/noticias/chiapas/2014/09/hospitales-de-chiapas-deficiente-capacidad-para-atender-a-mujeres/.

Articolo pubblicato su Arivista, num. 397 dell’aprile 2015.

Torna su